Non solo Dragut. Le incursioni corsare islamiche del XVI secolo, da Algeri verso le coste tirreniche, con Khayr al-Din, corsaro di origini greche, detto il Barbarossa, o Sinan Pascià o Dragut, che a turno infestarono Sperlonga, Ponza e Minturno, e varie località costiere, hanno un precedente nel Medioevo, con i marinai saraceni che già nei secoli VIII e IX infestarono le nostre coste. Nel giro di pochi anni, nell’800, Gaeta subì ben due assedi…
Sorta alle pendici del promontorio del Monte Orlando e collegata alla terraferma da un sottile e basso istmo largo appena 16 metri, Gaeta si delineò subito come una fortezza naturale, maestosa, e difficilmente espugnabile. La sua posizione strategica le consentiva di poter controllare – ad ampio raggio – le vie d’accesso dal mare sul Tirreno, tanto che questa sua connotazione ne fece – nei secoli successivi al Medioevo – la principale roccaforte difensiva del Regno di Napoli (“la chiave del regno di Napoli” venne definita) sul mare tirrenico. L’importante posizione militare e strategica portò, ovviamente, la città ad essere mira di espugnazione e di conquista, visto il ruolo chiave che la città-fortezza aveva sin dall’Alto Medioevo ottenuto. Secondo molti storici, sarebbero ben 18 gli assedi che la cittadina gaetana avrebbe subito nell’arco della sua millenaria esistenza, ultimo quello Sabaudo-Piemontese, con la bandiera bianca di resa innalzata dalle truppe Borboniche il 13 febbraio del 1861. Daremo brevemente conto di due assedi medievali a Gaeta avvenuti nel IX secolo ad opere di flotte Saracene, forse i primi due assedi – in ordine cronologico – che le fonti tramandano. Con la conquista dei territori nordafricani della prima metà del VII secolo, affidandosi ai maestri d’ascia Siriani ed Egiziani, gli Arabi impararono quasi subito l’arte del navigare e pressoché immediatamente cominciarono le azioni piratesche all’interno del bacino del Mediterraneo. Nell’VIII secolo il Nordafrica, la Spagna e le Baleari divengono costantemente punti di appoggio per attacchi e scorrerie verso la Sardegna e la Corsica. Si ha notizia di un attacco a “Centumcellae” (Civitavecchia) già nel 776. Con l’invasione della Sicilia (827) le scorrerie verso le coste tirreniche italiane aumentarono di intensità, potendo contare i pirati Saraceni ora anche su insediamenti territoriali nell’area sicula. E’ in questo sinteticissimo quadro che si inseriscono i due assedi arabi a Gaeta dell’846 e dell’868. Nell’agosto 846, infatti, i predoni arabi, che avevano secondo alcuni già depredato Formia, si diressero verso Ostia e verso Roma. Le fonti raccontano di saccheggi e devastazioni, soprattutto nei territori fuori le mura aureliane, comprese le basiliche cristiane. Racconta Prudenzio di Troyes che “ nel mese di agosto (846), i Saraceni e i Mori assalirono Roma. Essi devastarono la basilica del beato Pietro, principe degli Apostoli, e ne asportarono l’altare posto sopra la tomba dell’Apostolo, con tutti i suoi ornamenti e i suoi tesori, e – quindi – occuparono un monte in ottima posizione e ottimamente fortificato a cento miglia dalla città di Roma …”. Ipotizza lo storico di origini spignesi Raffaele Tucciarone che il monte citato da Prudenzio di Troyes fosse il Monte della Guardia (Monte Orlando), dove i Saraceni si erano rifugiati dopo essere stati sconfitti in battaglia nelle vicinanze della basilica di San Paolo fuori le mura. Infatti, ritirandosi lungo la via Appia essi saccheggiarono Priverno, Terracina e Fondi, stanziandosi poi nei pressi di Gaeta, con la flotta che – lasciato il mare di Ostia – raggiunse poi il golfo Gaetano. Dalle coste e dal promontorio sudpontino gli Arabi si incunearono spesso verso l’interno, incendiando i territori di Esperia, Spigno ed Ausonia. Intanto gli Ipati (duchi) di Gaeta riuscirono a chiedere l’intervento delle forze amiche dei Ducati bizantini di Napoli ed Amalfi. L’assedio arabo, grazie anche all’arrivo dei rinforzi Campani, fu quindi tolto e la flotta Saracena, viste le avverse condizioni climatiche, dovette chiedere il permesso “pacifico” di poter sostare nella baia, in attesa di lasciare il porto appena le condizioni atmosferiche fossero migliorate. Leone Ostiense vuole che essi poi veleggiarono verso l’Africa mentre il cronista arabo Mohamed Talbì riferisce che tornarono in Sicilia, da dove erano partiti. Una leggenda vuole che i marinai musulmani vennero investiti ancora da una ulteriore burrasca e molti uomini e cavalli fossero inghiottiti dalle correnti marine. Un secondo attacco Saraceno avvenne poi nel giugno dell’868. Le cronache raccontano di una spedizione che prese le mosse sempre dalla Sicilia, dalla capitale Palermo, l’antica Panormo di etimologia greca, al comando di Mohammad Ibn Khafagia, e che si diresse verso Gaeta con il chiaro intento di conquistarla. Un assedio durato oltre tre mesi, con la presenza “leggendaria” tra i difensori addirittura dell’abate cassinate Bertario (“totis viribus contra Saracinos in Caetam dimicavit” racconta la Cronaca di San Benedetto). La città resistette eroicamente e strenuamente, e nei mesi di settembre-ottobre la flotta saracena fece ritorno in Sicilia, visto l’approssimarsi della imminente cattiva stagione.
di Salvatore Cardillo